Immagina di essere in un moderno parco cittadino di una grande città, in un tranquillo pomeriggio di prima estate.Intorno a te ci sono persone sorridenti, vestite bene, che sorseggiano prosecco e spiluccano cibo tra bowl, cartoni di pizza e tortillas sofisticate.
Intorno a te, ovunque, svettano grattacieli di grandi aziende e appartamenti delle celebrità.
All’improvviso ti ritrovi staccato dal gruppo, il flute di plastica in mano, guardando un po’ nel vuoto e pensi: “Che diavolo ci faccio qui?”.
Se la sensazione vi è familiare, probabilmente avete partecipato almeno una volta a un evento di networking.
Gli eventi di networking sono quelle situazioni organizzate da uno o più professionisti, allo scopo di mettere in contatto persone provenienti da diversi rami di business e creare, allargare o rafforzare, una rete professionale.
Si tratta di incontri anche molto utili, da cui possono nascere collaborazioni interessanti e proficue, persino nuove start-up a volte e hanno il vantaggio di privilegiare la conoscenza e la cooperazione a scapito della competizione.
Almeno sulla carta.
Quello che spesso succede, però, è che spesso il networking ha un effetto demoralizzante. Nel corso di un evento di networking ognuno cerca di mostrarsi un po’ meglio di quello che è, più brillante, arguto, di successo. E spesso riesce nell’intento, con il risultato che noi ci sentiamo meno scintillanti. Il tutto avvolto da una simulata spontaneità, che rende piuttosto goffi questi incontri.
“Ciao, come ti chiami? Io mi chiamo X, faccio Y, come potremmo esserci utili?”. Un sorriso tirato accompagna questo scambio.
Non sto dicendo che tutti gli eventi di networking siano così, che tutte le persone ai networking fingano di divertirsi e di essere interessati ai pitch di tutti gli altri. Solo che sembra sempre di percepire una patina di compiacenza e condiscendenza in questi incontri programmati.
A ogni evento di networking ti sentirai inferiore al 60-70 percento delle persone presenti e ti sentirai maledettamente superiore all’altra fetta di persone rimaste.
Ma perché ci andiamo? Perché partecipiamo a questi eventi, ci presentiamo, lasciamo il bigliettino, diciamo che “potremmo collaborare!” pentendoci nel momento stesso in cui concludiamo la frase?
Lo facciamo per due motivi principali:
- la paura di restare tagliati fuori (o FOMO, Fear Of Missing Out)
- la speranza di appartenere.
La FOMO è la sensazione di “perdersi qualcosa”, l’idea cioè che in momento specifico stia accadendo qualcosa di significativo a cui non stiamo partecipando. È possibile applicare questo concetto a diverse situazioni. Sperimentiamo la FOMO quando non guardiamo le notifiche sul telefono per mezz’ora, o quando, ad esempio, non possiamo partecipare a un evento, a un concerto, o a una festa. Il tema di fondo nella FOMO è sempre la sensazione di perdersi qualcosa di importante.
La FOMO dipende da come ci siamo evoluti: siamo una specie comunitaria e collaborativa, che soffre molto l’esclusione sociale. Alcuni studi hanno addirittura dimostrato che essere esclusi da un gruppo provoca un dolore psicologico paragonabile a un significativo dolore fisico, tanto che si attivano persino aree cerebrali sovrapponibili.
Abbiamo un bisogno innato di appartenere, di condividere, di entrare in relazione. Inoltre, categorizziamo l’appartenenza a un gruppo in termini di ingroup e outgroup, di “noi” e di “loro”. E “noi” non vogliamo essere dei perdenti; vogliamo appartenere al gruppo di chi vince, di chi comanda, di chi è ammirato.
Ti ricordi il gruppo di successo della tua scuola? Magari si trattava di un gruppo di bulli, o di ragazze arroganti. Queste persone sono insopportabili, snob, persino aggressive, ma ci piacciono, vogliamo far parte della loro cricca. L’esclusività del loro club rende l’amicizia dei bulli una sorta di privilegio, una risorsa preziosa che dona protezione e ci eleva dalla condizione di miserabile anonimato o “normalità” (la terribile normalità).
Quando si tratta di lavoro, poi, le cose si complicano. Se non andiamo all’evento di networking potrebbe succedere qualcosa, potrebbero nascere collaborazioni da cui siamo esclusi, fette di mercato che non ci considerano più, nuovi mi-ra-bo-lan-ti progetti che potremo solo guardare da lontano, perché quella sera siamo rimasti a casa invece di andare a City Life, Milano, per il pic-nic di networking.
Fai un respiro profondo.
Non andare a questo evento non metterà a rischio la tua carriera e le opportunità.
Non voglio dire che gli eventi di networking non servano a nulla, che non valgono la pena. Quello che voglio dirti, però, è che non devi lasciarti trascinare dalla paranoia di non essere all’altezza degli altri.
Ognuno in queste situazioni cerca di mostrare il meglio di sé, ma tutti noi abbiamo avuto alti e bassi, e li abbiamo e li avremo continuamente! Qualcuno è stato effettivamente più bravo di noi, o ci ha messo più impegno, o ha sfruttato in modo più astuto alcune occasioni. E Va bene così. Tu devi fare la tua strada. Puoi prendere spunto dagli altri, da quelli che reputi “migliori”, ma poi devi tornare a te. Una tentazione forte può essere quella di paragonarsi agli altri, vedere che non siamo abbastanza e quindi decidere di copiarli o imitarli. Ed è profondamente sbagliato!
Non perdere tempo a cercare di appartenere al “gruppo di successo” di turno. Piuttosto, ridi di te, dei tuoi limiti, della tua idiozia e goffaggine. Il vero successo è riuscire a trovare un accordo con i propri difetti e a trarne il meglio, come con una spremuta.
Consigli per vivere meglio il networking
Per concludere, vediamo 3 cose che puoi fare per affrontare un evento di networking con maggiore serenità.
1. Ritagliati uno spazio di silenzio.
Possono bastare anche due minuti, l’importante è riuscire a prendere un po’ di respiro tra una stretta di mano e l’altra. Se sei una persona timida o introversa, poi, potresti trovare il networking particolarmente faticoso. Rispetta i tuoi ritmi di interazione senza forzarti.
2. Sfrutta i sentimenti negativi.
Rabbia, invidia e frustrazione possono essere sentimenti difficili da tollerare. In un evento di networking con persone che reputi più in gamba di te, potrebbe capitarti di sperimentare una di queste sensazioni o stati d’animo negativi. È normale. Non cercare di cacciarle via, però. Piuttosto, usale per capire meglio te stesso/a e gli altri: chiediti perché stai vivendo quelle sensazioni. Che cosa, in particolare, le fa emergere? Che cosa invidi, e come mai?
3. Non perdere di vista l’obiettivo.
Come mai hai deciso di partecipare a questo evento? Qual era il tuo obiettivo iniziale? Non lasciare che gli stati d’animo negativi offuschino i tuoi reali obiettivi. Se ti eri posto l’obiettivo di fare nuove conoscenze utili per la tua startup o per avviare nuove collaborazioni, attieniti al piano. Avrai tempo per rielaborare gli aspetti psicologici dell’evento. Ora però rimani coerente al piano iniziale.
Nonostante le difficoltà emotive, gli eventi di networking sono attività molto utili per costruire il brand personale o aziendale (o entrambi). Sapere come tenere sotto controllo le emozioni negative o il senso di inadeguatezza può aiutarti ad affrontare il networking con maggiore curiosità e ottimismo.